La cronaca 2004

La notte bianca della vocazione

di Giulia Calligaro

Hanno vinto il Premio Hystrio alla Vocazione: Evelyn Famà (Scuola d’Arte Drammatica “Umberto Spadaro” del Teatro Stabile di Catania) e, ex-aequo, Roberta Andreoni (Scuola del Teatro Stabile di Genova), Silvia Giulia Mendola (Accademia dei Filodrammatici di Milano) e Fabrizio Matteini (Scuola del Teatro Stabile di Genova). Ad Adriana Eva Busi, proveniente dalla pre-selezione, è andata la borsa di studio intitolata a Gianni Agus. Due i segnalati: Fabio Fusco (Scuola del Teatro Stabile del Veneto “Carlo Goldoni” di Venezia) e Francesco De Francesco (Civica Scuola d’Arte Drammatica “Paolo Grassi” di Milano).Ecco, in ordine alfabetico, tutti gli altri partecipanti alla selezione finale: Consiglia Aprovidolo, Isaura Argese, Daria Attolini, Simone Barbato, Enrico Barbieri, Brenda Barbiero, Sergio Basti, Riccardo Bergo, Jennifer Betto, Fabio Bisogni, Emilio Bonelli, Eva Cambiale, Gloria Capriotti, Beppe Casales, Tarek Chebib, Dario Eduardo De Falco, Irma Carolina Di Monte, Alessia Donadio, Fiona Dovo, Aurora Falcone, Elena Ferrari, Ciro Fico, Silvia Frasson, Susanna Gasbarra, Daniele Gatti, Andrea Germani, Fabio Ghidoni, Fabiana Giordano, Samuele Giovagnini, Francesca Graglia, Fabio Groppo, Mirko Lanfredini, Matteo La Rovere, Roland Litrico, Massimiliano Loizzi, Antonio Lombardi, Marco Lugli, Marco Maccieri, Cristiana, Maffucci, Lucrezia Maniscotti, Stefano Masala, Cristina Pasino, Francesca Pecoraro, Nicola Pianzola, Jolanda Piazza, Giuseppe Provinzano, Giulia Ragni, Daniela Spissu, Elisa Rampon, Camilla Ravera, Laura Rovetti, Ilaria Salonna, Marco Sanna, Massimiliano Setti, Sara Soppelsa, Francesca Tomassoni, Anna Tringali, Tiziano Turci, Giada Vadalà, Antonio Villani, Federica Vincenti.Queste le scuole di teatro rappresentate: Accademia dei Filodrammatici, Civica Scuola d’Arte Drammatica “Paolo Grassi”, Scuola del Piccolo Teatro, Centro di formazione per lo spettacolo, Centro Teatro Attivo e Teatro Dedalo di Milano; Scuola del Teatro Stabile di Genova; Scuola del Teatro Stabile e Scuola di Nuovo Cirko di Torino; Scuola Teatranzartedrama di Moncalieri; Conservatorio “Antonio Vivaldi” di Alessandria; Scuola del Teatro Stabile del Veneto “Carlo Goldoni” di Venezia; Teatro Continuo e BEL Teatro di Padova; Accademia del Teatro Stabile La Contrada di Trieste; Civica Scuola d’Arte Drammatica “Nico Pepe” di Udine; Scuola di Teatro di Bologna diretta da Alessandra Galante Garrone, Scuola di Teatro dell’Emilia Romagna e The Bernstein School of Musical Theatre di Bologna; Accademia dei Piccoli di Firenze; Accademia “Silvio D’Amico”, Accademia “Achille Togliani”, Accademia “Pietro Scharoff” e Scuola Nazionale di Cinema di Roma; Accademia del Teatro Bellini di Napoli; Accademia d’Arte Drammatica della Calabria; Civica Scuola d’Arte Drammatica di Cagliari; Scuola d’Arte Drammatica “Umberto Spadaro” del Teatro Stabile di Catania; Scuola del Teatro Biondo Stabile di Palermo.

 

La notte bianca della vocazione Prologo.

Tutta la vita è sogno e anche i sogni son sogni
(Calderón de la Barca – La vita è sogno)

In principio era il sogno. Non più, non tanto, il sogno di una vita o il sogno come freudiano ritorno del rimosso. E neppure il sogno viscontiano di essere “bellissimi”. No. Piuttosto quello di una generazione cresciuta spesso – ahimé – con il pessimo remake italiano di Saranno famosi, dove persino la recita è più vera della finzione della vita. Ed ecco, infatti, nei giorni caldi delle selezioni del Premio, i corridoi delle sale del Teatro Libero prima e del Litta poi affollarsi di strane professionistiche ginnastiche vocali, prove in punta di voce, mise d’artista – c’è mica qualcuno che abbia ancora la forza di negare che l’abito fa il monaco, no? -, riti e miti da palcoscenico… Insomma, circa duecentocinquanta aspiranti, tutti con la più o meno esplicita convinzione di diventare famosi. Ma sotto, e neanche troppo sotto, alla stravaganza dell’apparire, si celano palpiti, salivazione azzerata, connubio inestricabile di caldo e freddo… i morsi voraci dell’attesa… È il mio nome, il mio nome che hanno chiamato… E qui neppure la frequentazione della migliore Accademia fornisce un ricettario di pronto intervento.


Azione
 

Eppur se ‘mmove
(Liberamente tratto da Galileo Galilei)

La prima audizione per tutti è quella sul copione della spontaneità. «Buongiorno… Io sono… Ho fatto… Comincerei con… Mi concedete qualche istante per cambiarmi?». E qui venivano fuori valigie da tour transoceanico con guardaroba buono per ogni evenienza dal fotosafari alla pesca subacquea, rivoltato alla rinfusa nella concitazione, sottolineata negli istanti-secondi-minuti (ma quando comincia?) dell’attesa della giuria. Più sfortunati certamente sono stati i ragazzi che hanno partecipato alla preselezione, in cui la mancanza di appositi camerini e quinte ha obbligato a inaspettati strip-tease. Ma più sfortunati ancora quelli (spesso quelle) che sono capitati sotto gli sguardi fruganti dei giurati Ivan Canu e Fabrizio Caleffi, salvo avere buone chances da giocare anche in questa performance. E qui sta la seconda prova. A questo punto i pezzi preparati diventano al confronto una passeggiata. Quali pezzi? Un profluvio di Giuliette, Mirandoline, Medee, Lady Macbeth per le aspiranti; Mercuzi, Cyrani e vari ed eventuali da Cechov e Pirandello per gli aspiranti. E visto che non è questa la sede per aprire una parentesi socio-antropo-etnologica, e neppure anatomica, sul perché l’uomo ama anche far ridere di sé e la donna no, all’ennesimo sguardo alla ribalta, sorriso da maliarda, sedia inforcata in mezzo alle cosce toniche (quasi sempre), sigaretta aggressiva dentro alle labbra polpose di rossetti e lipsticks, è Claudia Cannella a raggiungere la definitiva saturazione: «Dal prossimo anno, non mettiamo più i brani proposti dalla giuria ma quelli vietati».

L’eccezione fa la regola.

 Al contadino non far sapere quanto è buono il formaggio con le pere 
(Proverbio popolare)

Ma c’è chi ha osato di tutto e di più. Si ricorda almeno un giovane, neppure troppo sprovveduto, che, accasciato branciarolianamente contro il muro ha tentato l’intentabile testoriano In exitu o, nel verso opposto del coraggio, chi, cioccolatini alla mano, ha dato un semplice tardo replay delle infantili recite natalizie («No, vi prego, fatemi fare anche Giulietta che l’ho studiata tanto»), e chi, infine, ha proposto, ed è stato per lo più premiato, inediti e personali accostamenti tra testi noti, testi che non contemplassero forzatamente ruoli fatali, testi all’altezza giusta di corde in via di formazione. Questi erano, dunque, i nomi che al termine della due-giorni passavano lo scoglio della prima tappa: Daria Pascal Attolini, Simone Barbato, Fabio Bisogni, Adriana Eva Busi, Gloria Capriotti, Beppe Casales, Alessia Donadio,  Francesca Graglia, Fabio Groppo, Mirko Lanfredini, Cristiana Maffucci, Francesca Pecoraro, Camilla Ravera, Massimiliano Setti, Antonio Villani.

 

Omen in nomen.

 O Romeo, Romeo, perché sei tu Romeo
(William Shakespeare – Romeo e Giulietta)

E venne poi la selezione maggiore: la giuria della sesta edizione del Premio Hystrio alla vocazione, formata da Ugo Ronfani (presidente), Monica Conti, Claudia Cannella, Sergio Maifredi, Nanni Garella, Elio De Capitani, Andrea Taddei, Antonio Syxty, Marco Bernardi, Fabrizio Caleffi e Liselotte Agus, per tre giorni, due notti e un’indefinita quantità di sigarette, russii e pettegolezzi, ha ascoltato le audizioni dei circa ottanta allievi di scuole riconosciute e dei promossi della prima selezione. E qui ogni presentazione è un nome e ogni nome una presentazione. Ovvero, Scuola del Teatro Stabile di Genova: se mi interrompete il provino mi incazzo; Scuola del Teatro Stabile di Torino: prendetemi con feroce sensibilità; Accademia dei Filodrammatici di Milano: “ciò” il complesso; Scuola Civica “Paolo Grassi”: v’ammazzo tutti.

 

Climax.  

La democrazia è un lusso per persone civili
(Fausto Paravidino – Due fratelli)

«V’ammazzo tutti», sì. Ha detto così un candidato della “Paolo Grassi”, dopo vari whisky consumati al bar del Litta, di fronte alla giuria che, contenta già della porzione del primo pezzo di audizione lo invitava a proseguire con il successivo. «Siete delle merde», ha aggiunto, puntando il dito all’irridente Caleffi: «Zitto tu che non sei nessuno». E mentre il bombardiere degli insulti allargava lo zoom da Garella alla povera Agus, la giuria giocava la sua carta jolly nella pacata saggezza del Mister Ugo Ronfani: «Apprezzo la sua rabbia – gli fa -, tenga il mio libro». Mossa sbagliata: ogni indugio va in pezzi e non v’è più coperchio alla rabbia del candidato che si precipita dritto verso il collo di Elio De Capitani, imbastendo un’azione decisa di smarcamento e decollamento… finché l’arbitro estrae il cartellino rosso e lo espelle. Lacrime, di lui; sorpresa, di tutti. Ma che pezzo era, questo?

 

Cosa faranno da grandi?

Gloucester:  Ma potrò vivere sperando? Anna: Tutti gli uomini, spero, vivono così
(William Shakespeare – Riccardo III)

È stato bello stare tutti insieme, ma che alla fine c’era da scegliere lo si sapeva. E la giuria si trova piuttosto d’accordo sul nome di Evelyn Famà che propone una strana transustanziazione di Mirandolina in un Prévert futurista, e sul secondo posto ex-aequo per Roberta Andreoni e Fabrizio Matteini – dalla voce melodica racchiusa in un sorriso beffardo – di Genova e Silvia Giulia Mendola del “Filo” di Milano, anche lei abilissima nel personalizzare una Morte della Pizia in salsa di Locandiera; mentre la borsa di studio intitolata a Gianni Agus va ad Adriana Eva Busi, giovanissima, ironicissima nella favola calviniana della strega-bistrega. Mentre la segnalazione va al veneto Fabio Fusco e a Francesco De Francesco della “Paolo Grassi”. E tutti gli altri cosa faranno da grandi? La domanda continua ad aleggiare mentre i premiati si emozionano nell’ultima presentazione dei brani vincenti, intercalati a Ferdinando Bruni, (premio all’interpretazione), Walter Malosti (premio alla regia); Ascanio Celestini (premio alla drammaturgia), Laura Baccarini (premio Altre Muse), As.Li.Co. (premio Provincia di Milano); e mentre la simpatica Alessandra Faiella inciampa da gran signora negli intoppi della diretta.

Epilogo.

Il futuro del teatro sta nella filosofia
(Gyorgy Lukács – Il dramma moderno)

Alla fine è la festa, come sempre. Come sempre il sogno. Come sempre l’attesa. Come sempre la speranza. Come sempre la delusione o l’illusione. Come sempre. La festa per coincidenza viene a coincidere con la prima notte bianca milanese. Clacson, traffico fino a tarda notte. Vite, tante vite, che si intrecciano, si incontrano. Non si vedono neppure. Tanti sogni, diversi, in un mondo troppo piccolo per tutti i sogni di tutti. I sogni dei sogni. Della vita. Dei sogni. Basta! S’ha da passà ‘a nuttata.