La cronaca 2016

I tre giorni degli hystrioni
di Fabrizio Sebastian Caleffi e Ilaria Angelone

 

Prologo. Il Premio Hystrio comincia a gennaio, quando vengono diffusi i bandi rivolti ai giovani drammaturghi e attori. Quest’anno sono stati 197 gli under 30 candidati al Premio alla Vocazione (molti i giovanissimi, dai 18 ai 20 anni) e 88 gli autori under 35 che si misuravano con Scritture di Scena. Tra aprile e maggio le giurie leggono, ascoltano, discutono, valutano, selezionano. Le preselezioni per gli attori – a Roma, presso il Teatro Argot Studio, dal 6 all’8 maggio e a Milano, presso la Scuola di Teatri Possibili, dal 16 al 20 maggio – riducono la rosa dei candidati al numero di 40. Si pondera, ci si interroga, si parla: ogni passaggio, un confronto collettivo fra coloro che sono chiamati a scegliere. È così che si arriva alle giornate finali: 16, 17 e 18 giugno, Milano, Teatro Elfo Puccini.

 

Primo giorno, 16, giovedì, pioggerella e primi approcci

1° episodio: primo candidato in scena (e non è di certo il numero di partenza più fortunato) è Tomàs Acosta, che tanto ben ci aveva impressionato durante la preselezione; viene dal Sudamerica e da Bologna, ha 22 anni, già nel suo infilarsi la gonna di Clitennestra è teatro (ma la dura legge del caso lo escluderà al primo round).
2° episodio: se la gioventù non è già una virtù graziosa più che graziosa e tosta è Grazia Capraro, una ventenne da Belluno che già pre-vediamo sul palco di sabato. Canta benissimo, tra l’altro, un motivo popolare, Nina Ninà, che commuove senza esser strappalacrime.
Si fa notare, versatile e dalle molte corde al suo arco, il neo diplomato genovese Michele De Paola.
3° episodio: da brividi e non per l’aria condizionata, che è stata spenta, il Neil LaBute di Bash, del candidato Fabio Facchini, inquietante variazione sul tema della violenza (di branco) contro i diversi (omosessuali) al tempo della strage di Orlando: storie di ordinaria follia. E intanto una riflessione a margine: la liberalizzazione, inaugurata quest’anno, della scelta dei testi da monologare porta già i suoi frutti e indica un bel trend che sarà confermato nei giorni successivi. I candidati preferiscono il contemporaneo. Con alcune eccezioni: qualche Shakespeare (Filippo Borghi, Marco Bucci, Davide Masella, Laura Palmieri, Cosimo Ricciolino, Antonio Piccolo), un Goldoni (Lucia Marinsalta), un Seneca (Andrea Pacelli). Per il resto sono Ruccello, Koltès, Genet, Bogosian, Valentin, Pinter, Fosse, Müller, Benni e via così.

Primo intervallo: prima serata; mise en espace di Fratelli di Pier Lorenzo Pisano, vincitore, che, insieme al solido Kensington Gardens di Giancarlo Nicoletti, segnalato con Europa di Francesco Bianchi e La cosa brutta di Tobia Rossi (i ragazzi della via Pal nell’era del web), ben s’inserisce nella tendenza di cui sopra. Sala piena, attori di alta classe (Arianna Scommegna, Marco Cacciola e Giacomo Ferraù), bravi a dar corpo con intensità alle parole dei personaggi, due fratelli e una madre, che un incidente strappa al loro presente. Guidati dalla lucida regia di Sabrina Sinatti, si prendono la loro dose di meritati applausi da una convinta platea.

 

Secondo giorno, 17, venerdì,
sole, temperatura mite
4° episodio. Numero propizio a chi c’è nato, dedicato principalmente ai Romani, a quanti, cioè, le preselezioni le hanno affrontate nell’Urbe. Si fanno notare soprattutto alcune ragazze di gran temperamento: Giulia Trippetta, Luisa Borini, Angela Ciaburri. Attesa alla semifinale anche una Giulia che splendette di luce propria alle preselezioni di Milano, mentre interpretava al Piccolo, dove s’era per altro diplomata un paio d’anni fa, l’Opera da tre soldi diretta da Michieletto; ma la giovane Vecchio salta ed è una sorpresa inattesa. Succede.
Al break lunch si scherza soprattutto sulle altre imminenti prove che attendono i giurati al voto: parliamo dei ballottaggi di Roma e di Milano, naturalmente, dove si sta per eleggere i nuovi sindaci. E intanto, si sceglie la griglia di partenza per il rush dell’indomani. Nove gli attori che vengono riconvocati per l’ultima definitiva prova: Luigi Bignone, Luisa Borini, Grazia Capraro, Angela Ciaburri, Michele De Paola, Lucrezia Forni, Rachele Minelli, Chiara Tomei e Giulia Trippetta.
Secondo intervallo: seconda serata. Sold out per Combattenti di Renato Gabrielli (regia di Paola Manfredi, con Giorgio Branca e Lilli Valcepina), solida storia di boxe che – si sa – è come la vita, le si prende e vince non chi manda a tappeto gli avversari, ma chi si rialza. Sempre. Il valido Renato ci mostra in scena che le azioni dei soci Aci (Autori Contemporanei Italiani) sono in netto rialzo. Hasta mañana: trovate il testo pubblicato a pagina 98.

 

Terzo giorno, 18, sabato, sereno variabile

Mattinata di prove speciali per il verdetto finale: come dice Gordon Craig «gli artisti, come gli aviatori, prendono la rincorsa». Ci saranno i vincitori, ma nessun vinto.
5° episodio: sollecitati a prodursi all’improvviso in nuovi monologhi del loro repertorio, ma non preparati per l’occasione, i finalisti danno il meglio di sé. Michele De Paola è travolgente nella sua versione di Mi voleva Strehler, evergreen di Umberto Simonetta e Maurizio Micheli a cui il campione della scuola genovese conferisce la stupenda attualità di una novità: Umberto Simonetta, con Natalia Ginzburg, il Tarantino nazionale (Antonio, non Quentin, quantunque…) e Annibale Ruccello saranno gli autori portati sul palco durante la serata delle premiazioni, un poker d’assi per la drammaturgia in italiano post pirandelliano che suggerisce ai futuri cartelloni di sfruttare l’onda anomala foriera di pesca miracolosa di copioni e talenti.
6° episodio: effetto Hilary Clinton sul palmarès hystrionico, due ragazze vincono, insieme alla ragazzina prodigio bellunese, che si conquista il Premio Ronfani.
7° episodio: perché i soggetti ci sono, gli interpreti anche (la giuria è concorde nel sottolineare il sensibile aumento di qualità dei partecipanti a questa edizione) e le occasioni nel dopo-show non mancheranno.
8° episodio: una serata finale impeccabile, che ci lascia tutti entusiasti. Sul palco, presentati da Mario Perrotta e Claudia Cannella, salgono i nuovi talenti vincitori e segnalati del Premio Hystrio alla Vocazione 2016, che catturano una platea esigente, abituata molto bene. Luisa Borini prende la scena con la sua Tecla, figlia della portinaia in vena di smarcarsi dalle sue origini (La porta sbagliata, di Natalia Ginzburg), Grazia Capraro conferma le aspettative con una moderna “Maria” dallo Stabat Mater di Antonio Tarantino, mentre Giulia Trippetta travolge con il suo Piccolo delirio manicomiale di Annibale Ruccello. Ma i segnalati non sono da meno: Angela Ciaburri mostra, vestendo i panni da vecchia di Two, di Jim Cartwright, le carte che ha per vincere e Michele De Paola strappa applausi e risate col suo Mi voleva Strehler. Ad applaudirli, in un ideale passaggio di testimone generazionale, anche gli artisti già affermati della scena italiana vincitori dei Premi Hystrio di quest’anno assegnati, come di consueto, dalla direzione, dalla redazione e dai collaboratori fissi della nostra rivista: Monica Piseddu (interpretazione), Simone Derai della Compagnia Anagoor (regia), Lino Musella e Paolo Mazzarelli della Compagnia MusellaMazzarelli (drammaturgia), Mattia Visani per la casa editrice Cue Press (Altre Muse, dedicato alle professioni dello spettacolo), Collettivo Cinetico (Premio Hystrio-Iceberg destinato a una compagnia emergente) e Balletto Civile (Premio Hystrio-Corpo a Corpo per i linguaggi del corpo), ai quali si aggiungono Carrozzeria Orfeo – vincitori, con Animali da bar, del Premio Hystrio-Twister votato online dagli spettatori – e Angelo Di Genio e Beatrice Schiros, che hanno ricevuto dalle mani di Anna Melato il Premio Mariangela Melato 2016. Applausi per tutti e motivazioni nelle pagine successive. Brindisi quindi sui titoli di coda, tutti insieme appassionatamente nel foyer dell’Elfo Puccini. Non è più tempo di calcoli e cautele, ragazze da 5 stelle (le sole Cinque Stelle di qualità che ci piacciano) e ragazzacci innocenti come fragole (cfr. Dylan Thomas): correte l’avventura piuttosto che la professione. Fin che c’è vita c’è champagne, tutto il resto è soya. Buona estate. ★